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un incontro con il principe degli antiquari
Chi di noi non ha sognato di poter viaggiare nel tempo? Non sarebbe eccitante poter passare qualche ora con alcuni dei grandi protagonisti della storia? Ho per voi una buona notizia: a Firenze c’è un posto dove possiamo davvero incontrare un uomo che ha svolto un importante ruolo nella vita culturale della città. Parlo del Museo Bardini che espone la collezione raccolta dal principe degli antiquari, Stefano Bardini.

Il Museo Stefano Bardini a Firenze
Il Museo Bardini ricorda la figura del più importante antiquario attivo a Firenze tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Ancora oggi le opere d’arte passate dalle mani di Stefano Bardini costituiscono il cuore delle collezioni dei principali musei di arte Rinascimentale in tutto il mondo, del Bode Museum di Berlino, dall’affascinante Isabella Stewart Gardner Museum a Boston e del Musée Jacquemart-André a Parigi.
Possiamo dire che l’attività di Bardini ebbe un forte impatto sulla nostra percezione della scultura rinascimentale. Il famoso antiquario non solo facilitò la circolazione degli oggetti artistici in Europa e nell’America del Nord, il che aumentò la conoscenza e l’interesse verso l’arte italiana, ma in molti casi Bardini fu un vero creatore di tendenze in grado di influenzare il gusto dei propri clienti, guidandoli nei loro acquisti. Il suo contagioso amore per la scultura rinascimentale attirò l’attenzione degli studiosi e degli esperti verso la produzione artistica di Donatello, Antonio Rossellino e Desiderio da Settignano. Contemporaneamente alla sua attività di vendita di oggetti d’arte, Bardini continuò a raccogliere una propria collezione, una collezione di cui andava fiero.

Stefano Bardini desiderava lasciare la sua collezione d’arte alla città e sperava che il suo salone espositivo potesse diventare un museo. Purtroppo, negli anni ’20 del Novecento la personalità di Bardini non venne del tutto compresa. Il primo museo civico aperto nel suo studio nel 1925, tre anni dopo la morte del collezionista, non rispettava il suo ecclettico gusto. In questo primo allestimento i depositi comunali sostituirono la collezione di Bardini stesso. Sembrava quasi che la città volesse dimenticare il suo illustre antiquario.
Fortunatamente, dopo un restauro e una completa riorganizzazione dell’esposizione, iniziata nel 1999, il Museo Stefano Bardini ha potuto riaprire al pubblico nel 2009 in una veste mutata. Il nuovo percorso espositivo rende possibile un emozionante incontro con il principe degli antiquari. Durante la nostra visita al museo possiamo conoscere Bardini attraverso le opere d’arte che lui stesso scelse e ammirò. Scopriamo la storia di questa collezione!
Stefano Bardini, un pittore che divenne antiquario
Stefano Bardini nacque nel 1836 a Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo. Si trasferì a Firenze per iniziare i propri studi all’Accademia delle Belle Arti. Divenne allievo di Giuseppe Bezzuoli, il maggiore rappresentante della pittura romantica a Firenze.
Gli anni passati all’Accademia introdussero Bardini nell’ambiente intellettuale fiorentino, molto attivo in questo turbolento periodo nella storia d’Italia. Infatti, tra il 1848 e il 1861 l’Italia combatteva per l’unificazione sotto il governo sabaudo. La nascita del Regno d’Italia venne proclamata il 17 marzo 1861 e la Toscana, prima indipendente, divenne una delle regioni del nuovo Regno. I sentimenti patriotici che dominavano in questi anni influenzarono la cerchia dei giovani pittori fiorentini che erano soliti radunarsi per le loro accese discussioni al Caffè Michelangelo in via Larga (divenuta oggi Via Camillo Cavour). Bardini divenne amico di Giovanni Fattori, Giuseppe Abbadi e Telemaco Signorini, pittori che sarebbero diventati famosi come i Macchiaioli. Poteva anche lui unirsi al loro movimento artistico: decise però di prendere un’altra strada.
Nell’Ottocento la vita dei pittori non era per niente facile. Sicuramente non era una vita confortevole e benestante. Stefano Bardini non era pronto per un sacrificio economico così drastico. Per questo motivo decise di imparare l’arte del restauro e di aprire il proprio antiquariato.

Stefano Bardini e i suoi clienti
Nel giro di pochi anni Bardini divenne uno dei più importanti antiquari attivi in Toscana. Il suo successo fu facilitato da un’importante riforma legislativa introdotta dopo l’unificazione d’Italia. Infatti, nel 1865 venne abolito il fedecommesso che fino a quel momento obbligava l’erede del patrimonio famigliare a conservare i beni ricevuti per poterli trasmettere intatti alle future generazioni. Con l’abolizione di questa regola l’aristocrazia, fortemente indebolita dalla crisi agraria, ebbe la possibilità di migliorare le condizioni delle proprie finanze attraverso la vendita dei tesori artistici del passato.
Abile e scaltro, Bardini instaurò i contatti commerciali con l’aristocrazia fiorentina. Allo stesso tempo iniziò ad allargare i suoi rapporti con i ricchi collezionisti. Considerando che l’esportazione dei beni artistici venne limitata dalla legge solo nel 1902, l’attività commerciale di Bardini non vide alcuna restrizione per quasi quarant’anni.
Intorno al 1870 Bardini incontrò Wilhelm von Bode, che all’epoca lavorava come assistente alla direzione dei Regi Musei di Berlino. Con l’aiuto di Bardini, Bode si fece promotore di una serie di acquisizioni per la nascente collezione del Kaiser-Friedrich-Museum, il museo che oggi porta il nome di Bode stesso.

Il rapporto con Bode fu solo uno dei tanti importanti contatti professionali di Bardini. L’antiquario riuscì a conquistare la fiducia dell’americana Isabella Stewart Gardner, di Edouard André e di sua moglie Nélie Jacquemart, del Principe del Liechtenstein Johann II e di suo fratello Franz I.
Il salone espositivo di Stefano Bardini
Il successo commerciale di Bardini gli permise di investire nella propria collezione d’arte. L’antiquario iniziò a raccogliere oggetti di vario genere: sculture, pitture ma anche cornici, cassoni, armature, cuoi d’oro, sgabelli, lampadari, battenti e maniglie. Raccoglieva oggetti ai quali all’epoca pochi attribuivano un qualsiasi valore.
Nel 1880 Bardini decise di creare un vasto salone espositivo in cui avrebbe potuto esporre sia i pezzi in vendita sia quelli appartenenti alla propria collezione. Per questo motivo comprò un appezzamento di terreno in Piazza de’ Mozzi con gli edifici dell’antico convento di San Gregorio della Pace. Questa fondazione religiosa risaliva al 1273 e celebrava la pace raggiunta tra i ghibellini e i guelfi. Bardini decise di trasformare questo antico sito nel tempio del proprio ecclettico gusto.
Tra il 1881 e il 1883 l’architetto Corinto Corinti realizzò il progetto del nuovo palazzo per Bardini. Come risultato del suo lavoro nacque il nuovo salone, un vero e proprio mélange architettonico. Per il nuovo palazzo Corinti progettò una facciata neo-rinascimentale. All’interno, il vasto spazio, che una volta ospitava il giardino dei monaci, divenne galleria della scultura, illuminata da sopra da un vasto lucernaio decorato con un soffitto a cassettoni spostato qui da un palazzo veneto.

Le porte alle stanze adiacenti vennero incorniciate da portali scultorei, spesso ricomposti usando gli elementi provenienti da svariati monumenti, luoghi e periodi storici: un vero e proprio pastiche scultoreo.
Le pareti del salone vennero dipinte di diverse sfumature del blu che creavano un forte contrasto con l’oro delle cornici intagliate e con il bianco del marmo delle opere esposte in galleria.
In questo modo il salone espositivo di Bardini divenne una delle più interessanti, eclettiche e, in qualche modo, eccentriche collezioni d’arte a Firenze.
Bardini e l’arte della copia
Per attrarre i clienti Bardini ci teneva a mettere in vendita gli oggetti in buono stato di conservazione. Per questo motivo gestiva anche un laboratorio di restauro in cui migliorava le condizioni materiali delle antichità. A volte il restauro interferiva profondamente con la materia storica di questi preziosi artefatti. Purtroppo, nell’Ottocento le pratiche invasive di restauro erano ancora molto comuni. I moderni standard vennero definiti molti anni dopo, intorno agli anni ’70 del Novecento.
Oggi Bardini viene spesso accusato di avere volontariamente copiato le opere d’arte per vendere ai collezionisti meno esperti dei reperti contraffatti. In verità molto spesso erano i clienti stessi a chiedere all’antiquario una copia di un noto capolavoro che loro non potevano permettersi. Bardini vendeva copie: nel suo archivio possiamo trovare dei documenti che lo confermano, ma non era un truffatore. Nell’Ottocento le copie avevano un loro mercato e venivano apprezzate dal pubblico sia in Europa che negli Stati Uniti.
I tesori del Museo Stefano Bardini
Il Museo Stefano Bardini è pensato per una visita senza fretta. Al suo interno non potete perdervi la Sala delle Madonne, situata in cima al scalone monumentale. Qui troverete la collezione dei rilievi mariani scenograficamente disposti sulla parete blu.
I rilievi mariani erano particolarmente diffusi nella Firenze del Quattrocento. Nel passato queste immagini sacre erano espressione della devozione privata e decoravano le camere da letto nei palazzi fiorentini. Fatti in terracotta e spesso frutto di una produzione seriale in stampi, erano economici e accessibili ad un vasto pubblico. Per questo motivo trecento anni più tardi questi oggetti finivano così spesso sul mercato antiquario.
Stefano Bardini riuscì in qualche modo a creare una vera e propria moda per i rilievi mariani tra i collezionisti europei. Il principe degli antiquari ha sensibilizzato i suoi clienti, facendo loro percepire e apprezzare i valori estetici di questi piccoli tesori. Sicuramente l’esposizione delle Madonne sulla parete blu nel salone di Bardini aveva un forte impatto sui visitatori, dimostrando il potere decorativo delle sculture. Oggi in questa sala potete ammirare due Madonne di Donatello, la famosa Madonna dei Cordai e la toccante Madonna della Mela.

Nella sala 18 troverete una bellissima collezione di cornici intagliate. Questi oggetti che oggi attirano la nostra attenzione non erano tenuti in considerazione nel passato. L’idea di Bardini di collezionarli ed esporli creando delle composizioni geometriche fu davvero innovativa e originale.
Uno dei dipinti più preziosi della collezione Bardini è il San Michele Arcangelo che combatte il drago di Antonio e Piero Pollaiolo. Lo potete ammirare nella sala 16. Sul quadro vedrete la figura del Santo che con la forza di Ercole affronta la terribile bestia. L’armatura dell’Arcangelo, decorata con oro e pietre preziose, testimonia l’interesse dei Pollaiolo verso l’arte orafa. Il santo sul loro dipinto assomiglia ad un giovane fiorentino vestito alla moda in costume da parata.
Nella collezione del Museo troverete anche tanti tesori appartenenti ai depositi municipali, che non appartenevano a Stefano Bardini. Tra questi c’è il meraviglioso Cinghiale di bronzo, copia dell’originale romano conservato agli Uffizi. Questa opera venne creata tra il 1620 e il 1633 da Pietro Tacca come omaggio alle battute di caccia amate dai Medici. Nel 1639 il Cinghiale venne posto al Mercato Nuovo come decorazione della nuova fontana. Nel 1998, a causa della crescente popolarità del Cinghiale, il bronzo venne sostituito da una copia moderna e dopo il restauro venne spostato al museo.

Questi sono solo alcuni dei tesori nascosti in questo affascinante museo. Se volete visitare il Museo Stefano Bardini con me, contattatemi! Sarò felice di organizzare la vostra visita privata!
INFORMAZIONI PRATICHE
Museo Stefano Bardini
via dei Renai 37
tel. 055 234 2427
orario di apertura (aggiornato aprile 2021): ogni lunedì, venerdì, sabato e domenica dalle 11:00 alle 17:00. Durante i fine settimana la prenotazione è obbligatoria.