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Una domanda che i miei ospiti mi pongono spesso è questa: “Come mai il David di Michelangelo è nudo?”.
Non è una domanda inconsueta. Gli italiani (e gli europei in generale) sono abituati a essere circondati da piazze, chiese e monumenti in cui uomini, donne, dei e dee, eroi o santi, se non Gesù stesso, appaiono seminudi o con le parti intime nude.
Non per tutti, però, la nudità nell’arte è un elemento quotidiano. Per esempio ha suscitato scalpore la notizia di una preside di una scuola americana che ha mostrato l’immagine del David di Michelangelo a dei bambini durante una lezione di storia dell’arte e per questo è stata licenziata.
Qualunque sia la propria reazione di fronte alle immagini dell’arte che mettono le parti intime in evidenza, ciò che interessa è capire il perché della scelta del nudo per il David di Michelangelo e per altre figure di eroi, santi o semplici uomini nell’arte rinascimentale.
I modelli antichi per il Rinascimento
Prima di tutto, non dimentichiamoci che nel caso di Michelangelo e del suo David stiamo parlando di arte del Rinascimento: Vasari, nelle sue Vite, illustra chiaramente che il principio artistico di Michelangelo e della sua epoca prevede che le sculture classiche (ossia greco-romane) vengano studiate, analizzate, misurate, e l’artista moderno le prenda come modello. Per fare esempi concreti, possiamo pensare all’Apollo del Belvedere, o al Torso del Belvedere, che Michelangelo amava profondamente.

Quindi Michelangelo, per il David, prese come modello il tema antico dell’atleta nudo, dell’eroe nudo. A questo punto ci si deve porre una domanda nuova: perché l’atleta e l’eroe antichi erano nudi?
La statuaria antica
Già le statue dell’arte della Grecia arcaica che rappresentano dei ragazzi (koúroi) avevano la caratteristica di essere nudi, in quanto la nudità significava mostrare un corpo adatto all’attività atletica e all’arte della guerra, ed era un segno di perfezione esteriore e interiore.
Si deve considerare che nell’antichità la cura del fisico era fondamentale, l’attività atletica era un principio cardine anche del percorso formativo dell’uomo. Mostrare i corpi nudi era un qualcosa di naturale e quotidiano: non c’era nulla di sconveniente o vergognoso nel rivelare ciò che è in natura. Ovviamente, in una società maschilista come quella antica, questi principi valevano solo per i corpi maschili. Ricordiamoci anche che le Olimpiadi antiche (le più importanti feste religiose che prevedevano gare atletiche) vedevano gareggiare molti atleti maschi, giovani e nudi, i cui corpi venivano esaltati e messi in evidenza.

Policleto, nell’Atene del V secolo a. C., fu uno dei più celebri scultori dell’età classica e realizzò diverse statue di giovani atleti nudi: nelle sue statue egli voleva mostrare proprio la bellezza e la forza fisica al massimo grado, e per questo motivo elaborò anche i principi della costruzione della figura umana perfetta, studiata e resa attraverso rapporti simmetrici, numerici e proporzionali fra le varie parti del corpo. Le sue statue sono così dominate dalla maestosità, dalla forza, dall’energia vitale, dal senso del movimento vigoroso ma dominato con l’equilibrio e l’armonia delle forme. Esempio classico di questi principi è la copia del celebre Doriforo di Policleto.

Policleto mira, dunque, a rendere con l’arte non un corpo atletico così come si trova nella realtà, nella natura, ma un corpo ideale, dalla bellezza idealizzata.
Chi è un eroe
Per comprendere meglio questi valori artistici legati al corpo maschile, possiamo prendere come riferimento la cultura e la mentalità greca arcaica così come esse emergono dalle fonti letterarie più celebri, ossia i miti e i poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea.
Nel mito Ercole o Eracle è l’eroe più celebre: è pieno di vigore e senza rivali, come dimostrano le dodici prove che egli è costretto ad affrontare. L’eroe semidivino nasce già robusto e forzuto perché in lui tutto deve risultare straordinario, grande, in quanto a un eroe non si addicono l’ordinario e la normalità. Le dodici fatiche rappresentano l’impresa che permette a Eracle di affermare il suo statuto eroico, la sua forza e il coraggio, la sua virilità. Ercole, inoltre, nei suoi viaggi presta aiuto ad altri esseri che si trovano in difficoltà: egli, dunque, si dimostra anche come eroe che elimina i mostri e le minacce che incombono sugli altri, libera il mondo dai pericoli che minano la civiltà portando sicurezza e ordine. Da questa analisi appare chiaro che Eracle è l’eroe che fonda il modello di quello che oggi chiameremmo “supereroe” della tradizione occidentale.

L’eroe greco è, però, una figura ambigua, non solo positiva. Eracle è infatti un eroe dell’eccesso: è vendicativo, si lascia prendere dall’ira accecante, uccide anche senza valutare l’opportunità delle sue scelte, è un amatore delle donne senza pari. D’altra parte Eracle è l’eroe del mito, un esponente di una fase precedente all’età in cui in Grecia si elaborarono i valori del vivere civile, dell’organizzazione politica, delle leggi.
I poemi omerici
Per conoscere meglio l’idea di eroe, possiamo basarci anche sui poemi omerici: secondo Luciano Canfora “la cultura europea comincia con l’Iliade e l’Odissea”.
Prima della società delle poleis, ossia dell’epoca in cui i cittadini collaboravano assieme per il bene della comunità, nell’antica Grecia la società era basata sulla competizione: a ogni uomo maschio veniva chiesto di “essere sempre il primo e il migliore di tutti”, di essere il vincitore, di affermare il proprio onore (timé) attraverso il coraggio e la forza fisica. Questi principi operano chiaramente nella concezione delle Olimpiadi antiche, per le quali l’unica opzione concepibile era la vittoria.
Attraverso la descrizione e le azioni dei guerrieri capiamo le qualità che gli eroi dovevano avere: prima di tutto l’eroe è un guerriero, ha la virtù guerriera (areté); le sue tre virtù fondamentali sono la forza fisica, il coraggio, l’uso sapiente della parola come strumento di potere; l’eroe è prepotente, violento, a volte crudele, è preso anche dall’ira; combatte per la propria gloria (più che per la patria).
Il David di Michelangelo come Achille e Ettore
Esempio massimo di questo modello è certamente Achille, che non accetta che qualcuno metta in secondo piano il suo valore, che si vendica per ristabilire il suo onore offeso.
Altro celebre esempio di eroe è il rivale Ettore: alla moglie che lo implora di non scendere in battaglia per salvarsi da morte certa, Ettore risponde con queste parole:
… Ma provo tremenda
vergogna di fronte a Troiani e Troiane dai pepli fluenti
se come un vile mi imbosco al riparo della guerra
né così mi detta il mio cuore, perché imparai ad essere prode
sempre e fra i Troiani a battermi in prima fila,
per fare onore alla splendida gloria del padre mio e di me stesso.
(Iliade VI 441-446, trad. di G. Cerri)
Nella cosiddetta “società della vergogna” per l’uomo omerico c’è sempre il timore che una propria azione venga disapprovata dagli altri, dalla collettività: sono gli altri che controllano e giudicano il comportamento di un uomo. Quindi non è tanto importante ciò che l’uomo è quanto il modo in cui egli appare agli altri e l’opinione che gli altri hanno di lui. Per questo motivo Ettore non vuole ritirarsi dalla guerra. In più egli ha imparato a essere sempre il primo fra tutti, a essere un guerriero che mostra costantemente il suo valore, onore e forza guerriera.

Altra caratteristica dell’eroe è che questi deve essere “Kalós kái agathós”, ossia bello e buono: la forza e il vigore del corpo, per il mondo greco, devono necessariamente accompagnarsi alla bellezza dell’animo, ossia alla virtù guerriera, in quanto la bellezza esteriore è specchio di quella interiore.
Non è un caso che nell’Iliade gli eroi siano sempre accompagnati da descrizioni della loro bellezza e pulizia, del loro splendore; la loro armatura si presenta sempre lucida e pulita, anche nel mezzo della polvere del campo di battaglia. La presentazione di Achille nel momento in cui si accinge a uccidere Ettore è esempio chiarissimo di questo principio:
Gli andò incontro Achille, pieno di furia selvaggia
in cuor suo, davanti al petto tenendo lo scudo
bello, ben lavorato, e scuotendo l’elmo lucente
a quattro strati; ondeggiavano i bei crini d’oro,
che Efesto aveva applicati folti intorno alla cresta.
(Iliade XXII 312-315, trad. di G. Cerri)
Achille non può che apparire nel massimo del suo fulgore. Significative sono anche le parole con cui il narratore dell’Iliade descrive Ettore, ucciso da Achille, trascinato da un carro per i tendini dei piedi:
Intorno a lui, trascinato, s’alzo un polverone; si sparsero
i capelli neri, era immersa tutta nella polvere
la testa poco prima bellissima…
(Iliade XXII 401-403, trad. di G. Cerri)
Il desiderio di fare scempio del corpo di Ettore porta Achille a compiere un atto che priva l’eroe troiano dell’onore: insozzare, insudiciare i capelli e la testa “prima bellissima” con la polvere significa proprio infangare lo statuto eroico di Ettore.
Nell’Iliade, perché sia chiaramente delineata la figura dell’eroe, è presentato, per contrasto, anche il modello di antieroe: Tersite
… il più spregevole, fra tutti i venuti all’assedio di Troia
aveva le gambe storte, zoppo da un piede, le spalle
ricurve, cadenti sul petto; sopra le spalle,
aveva la testa a pera, e ci crescevano radi i capelli.
Odiosissimo, più di ogni altro, era ad Achille ed Odisseo
(Iliade II 216-220, trad. di G. Cerri)
La presentazione di Tersite è un ribaltamento speculare dell’eroe: egli non può essere un abile guerriero a causa delle imperfezioni del suo corpo, non è buono in quanto non è bello e valoroso, in più è “odiosissimo” perché, spiega successivamente il narratore, come un vile propone di abbandonare il campo di battaglia, e con le sue parole impudenti non rispetta i suoi superiori. Ecco quindi il ritratto dell’antieroe per eccellenza.
Dall’eroe greco all’eroe romano: Odisseo e Enea
Oltre agli eroi dell’Iliade vi sono anche altri modelli di eroe. Protagonista dell’Odissea è il multiforme Odisseo (o Ulisse), dotato dell’arte della parola e dell’ingegno. Nella civiltà romana l’eroe per eccellenza è il progenitore dei romani Enea, che unisce alla virtus (il coraggio e il valore militare, un insieme di superiori qualità fisiche, intellettive e morali) la pietas, ovvero il rispetto, la devozione e l’obbedienza verso la patria, gli dei e la missione affidatagli dal destino. Enea è anche un uomo lacerato tra l’obbedienza al volere del fato e i propri desideri di essere umano.

Egli rappresenta quindi un altro modello di eroe rispetto a quello della tradizione epica greca. Il David di Michelangelo è costruito anche attraverso la ripresa delle qualità intellettive e morali degli eroi romani.
Il santo: dall’eroe classico all’eroe cristiano
Con il diffondersi del cristianesimo alcuni valori pagani sono riadattati e proposti in continuità. L’eroe pagano, che lotta contro nemici umani e mostruosi, diventa così il martire che difende la fede, e poi il santo. Per il martire e il santo non hanno importanza il corpo e la sua bellezza, in quanto ciò che conta è il professare a tutti la fede.
I santi e i martiri, attraverso il loro culto e l’agiografia, assolvono dunque all’esigenza dei credenti di trovare modelli di fede da seguire e a cui ispirarsi. I santi incarnano poi i valori di amore fraterno professati dal Cristianesimo.

Nel Rinascimento, con il recupero del modello statuario classico, i santi e i martiri, o gli eroi biblici che vincono dei mostri o dei giganti, sono presentati spesso come guerrieri vincitori o atleti nudi. Basta pensare al San Giorgio di Donatello per Orsanmichele a Firenze o, appunto, al David di Michelangelo.
Perché il David di Michelangelo è nudo?
Dunque, Michelangelo, per il David, riprende tutti questi modelli e li unisce tra loro. Il corpo perfetto di David, riproposto con una precisione anatomica sorprendente, è il bellissimo corpo di Achille, Eracle e Ercole. La sua bellezza raffigura la perfezione interiore, la virtù. Il David, come Enea, è un uomo di superiori qualità fisiche, intellettive e morali. Allo stesso tempo David è come un santo: sconfisse Golia come San Giorgio vinse contro il drago. Con la sua vittoria David infatti salvò il popolo d’Israele.

Perché il David di Michelangelo è nudo? Perché nella visione dell’artista l’ideale eroico classico poteva convivere con l’iconografia e il pensiero cristiano. Il David è nudo perché è ideale: coraggioso, forte, virtuoso, giusto, moralmente impeccabile e le sue vittorie glorificano Dio.
Il David di Michelangelo come un supereroe
Ogni epoca ha i suoi eroi. E nella civiltà occidentale il modello che porta avanti il modello antico di eroe è il supereroe codificato dalla letteratura e, forse soprattutto, dai fumetti e dal cinema. Chi altri sono Spiderman o Batman se non esseri di qualità e forze fisiche fuori dall’ordinario, che combattono mostri e malvagi per liberare il mondo dai pericoli, per riportare l’ordine? Essendo eroi della modernità, però, loro non si lasciano andare all’ira e alla vendetta: in un mondo ordinato in cui deve trionfare la giustizia, loro rappresentano anche un modello morale.
Quale altra caratteristica degli eroi classici mantengono i supereroi? Anche il loro aspetto esteriore deve essere specchio della bellezza interiore: devono sempre essere belli, ordinati, puliti, con la loro uniforme o maschera perfetta e immacolata. Avete mai visto un supereroe del cinema con un capello fuori posto?
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Consigli di lettura:
M. Bettini, Il grande racconto dei miti classici, Il Mulino.
G. Guidorizzi, Il grande racconto della guerra di Troia, Il Mulino.
G. Paduano, La nascita dell’eroe. Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale, BUR.