L’Ultima Cena a Firenze

I cenacoli fiorentini

Nel 1482 un giovane pittore fiorentino, Leonardo da Vinci, lasciò Firenze per Milano per mettersi al servizio del duca più ambizioso d’Italia, Ludovico Sforza, chiamato Il Moro. A quel tempo Ludovico, che mirava a rendere la corte di Milano una delle più illustri corti italiane, cercava di rendere sempre più saldo il suo Ducato e la sua posizione nella famiglia Sforza, utilizzando anche l’arte e l’architettura come strumenti di potere. Al centro del progetto di Ludovico c’era anche il Monastero di Santa Maria delle Grazie, ricostruito da Bramante nel 1492 e diventato, più tardi, il mausoleo degli Sforza. Ludovico incaricò il pittore fiorentino, Leonardo, di abbellire la parete del refettorio del monastero con una scena che rappresentasse l’Ultima cena. Leonardo dipinse tra il 1494 e il 1498 l’affresco che venne subito elogiato dagli intenditori d’arte e copiato da altri pittori. Oggi l’Ultima Cena di Leonardo è uno dei capolavori più celebri dell’arte del Rinascimento italiano. Non tutti sanno, però, che Leonardo, dipingendo la sua Ultima cena, seguiva un tradizione figurativa, ben radicata a Firenze, di affreschi rappresentanti l’Ultima Cena.

Il più antico Cenacolo con l’Ultima cena venne dipinto a Firenze nel 1355 da Taddeo Gaddi, uno degli allievi di Giotto, nel refettorio della Basilica francescana di Santa Croce. Da allora le mura dei refettori fiorentini, ossia le sale in cui i monaci o le suore si ritrovavano per consumare i pasti, vennero decorate con delle scene di Cristo che condivideva la sua ultima cena, prima della Passione, con i suoi apostoli. Nei secoli vari artisti fiorentini prima di Leonardo, come Taddeo Gaddi, Domenico Ghirlandaio e Andrea del Castagno, lasciarono nella città le loro versioni del sacro evento. Mentre lavorava a Milano, quindi, Leonardo aveva bene in mente questa tradizione fiorentina.

Vi porto a scoprire i Cenacoli fiorentini che più amo!

L’Ultima cena di Taddeo Gaddi in Santa Croce

Taddeo Gaddi, Last Supper and Lignum Vitae, Santa Croce, Florence.
Taddeo Gaddi, L’Ultima Cena e il Lignum Vitae, 1355, Santa Croce, Firenze.

L’Ultima cena di Taddeo Gaddi in Santa Croce, dipinta circa nel 1355, è il primo esempio di scena di Ultima cena che decora un muro di un refettorio in un convento fiorentino. L’immagine dell’ultimo pasto che Cristo condivise con gli apostoli sembrò del tutto appropriato per l’ambiente di un refettorio dove i frati erano soliti incontrarsi per i pasti. In Santa Croce il programma teologico della decorazione venne completato con le scene della vita dei santi e del Lignum Vitae.

Le immagini del Lignum Vitae, rappresentanti la Croce di Cristo in una forma di albero con i rami che crescono ai lati, erano molto popolari nel Medioevo. Questa iconografia era ispirata al trattato di San Bonaventura, Lignum Vitae, e durante il Medioevo aveva anche la funzione di potente e utile strumento per gli esercizi di mnemotecnica dei monaci. I monaci usavano, infatti, queste immagini per mettere in ordine i passi del testo che volevano memorizzare. A ogni lato della croce, lungo i rami che crescono da essa, i monaci potevano immaginare piccoli medaglioni con testi vari:  in questo modo esercitavano la memoria richiamando e riassemblando i medaglioni, il loro ordine e il loro contenuto. Nella versione di Taddeo Gaddi in Santa Croce possiamo vedere le immagini dei profeti con le loro profezie sulla passione di Cristo rappresentate attorno alla Croce.

Questo tipo di esercizi era fondamentale nei monasteri medievali, dove i frati e i monaci dovevano imparare a memoria preghiere, testi e passi della Bibbia e sermoni vari. Una buona memoria permetteva ai frati di migliorare le loro abilità oratorie. Le tecniche di mnemotecnica che passarono alla cultura monastica derivavano dall’antichità classica: il più importante trattato sull’argomento è la Rhetorica ad Herennium, che risale al 90 a. C. e durante il Medioevo era molto conosciuta e copiata all’interno dei monasteri e conventi. Grazie a questi trattati, i monaci occidentali impararono molte tecniche per la memorizzazione, come l’idea di associare le cose che volevano ricordare a luoghi o oggetti simbolici. La rappresentazione visuale degli schemi di mnemotecnica era un altro fondamentale strumento e il Lignum Vitae di San Bonaventura rispecchiava appieno queste funzioni.

Come un pasto comune in un convento francescano è un’occasione per una preghiera e una meditazione comune sulla passione di Cristo, così anche il Lignum Vitae mostra le basi teologiche della meditazione sul sacrificio di Cristo.

Taddeo Gaddi, Last Supper, 1335
Taddeo Gaddi, Ultima Cena, 1335, Santa Croce, Firenze.



Il Cenacolo di Sant’Apollonia di Andrea del Castagno

Circa un secolo dopo, nel 1445, a un altro artista fiorentino, Andrea di Bartolo di Bargilla, chiamato Andrea del Castagno, venne commissionata una decorazione ad affresco per il refettorio del monastero femminile di Sant’Apollonia. Anche qui, come in Santa Croce, il programma iconografico unì la scena dell’Ultima cena con delle immagini relative alla passione di Cristo: Crocifissione, Deposizione e Resurrezione, grazie alle quali l’evento dell’ultimo pasto di Gesù condiviso con i discepoli venne messo nel contesto del mistero del suo sacrificio.

Andrea del Castagno, Cenacolo in Sant'Apollonia, Florence
Andrea del Castagno, Cenacolo di Sant’Apollonia, 1445-50, Firenze.

In cento anni, tuttavia, molte cose sono cambiate. All’inizio del XV secolo Filippo Brunelleschi aveva elaborato lo schema della prospettiva lineare, che permetteva agli artisti di rappresentare nei dipinti la profondità e la terza dimensione in modo illusorio. Questa invenzione venne poi descritta da un umanista, scrittore e architetto, Leon Battista Alberti, nel suo trattato intitolato Della Pittura. La descrizione fattane dall’Alberti rese la prospettiva lineare una novità artistica, e molto presto i pittori italiani impararono le tecniche della prospettiva e dell’illusione.

In questo panorama artistico così mutato Andrea del Castagno disegnò la sua Ultima Cena immaginando il cenacolo come una stanza indipendente. La tavola e i banchi attorno a essa occupano tutto lo spazio. Gesù siede con i suoi discepoli  in un solo lato della tavola. Possiamo facilmente riconoscere Giuda, dal momento che è l’unico che siede su un piccolo sgabello dall’altro lato della tavola: indossa un vestito viola, il colore del tradimento e del sospetto; i suoi capelli neri, la sua barba scura e il suo corpo magro comunicano il suo carattere malvagio.

Andrea del Castagno, Last Supper, Sant'Apollonia, Florence.
Andrea del Castagno, Ultima Cena, 1445-50, Sant’Apollonia, Firenze.

Guardate le mani degli apostoli! Gli apostoli esprimono le emozioni con i gesti: stupore, paura, preoccupazione e dolore. Discutono delle parole che hanno appena ascoltato: “Uno di voi mi tradirà” (Giovanni, 13 21).

Leonardo conosceva sicuramente l’affresco di Del Castagno quando progettò la sua Ultima Cena a Milano. Probabilmente la sua idea di rappresentare attraverso i gesti le reazioni emotive dei discepoli deriva dalla composizione di Del Castagno.

Inoltre negli affreschi di Del Castagno c’è più di un elemento che colpisce gli spettatori. Avete notato che il muro dietro a Gesù e agli apostoli è decorato con grandi lastre di marmo dipinto. I marmi sono coloratissimi e seguono affascinanti motivi decorativi. Particolarmente colorata è la lastra dietro la testa di Gesù. Potrebbe esserci un motivo particolare dietro a questa scelta?

Sembra che questi marmi rappresentino la presenza di Dio e simboleggino che il tradimento di Giuda, la passione di Cristo e la sua morte siano elementi necessari del piano divino per la salvezza degli uomini. La presenza di Dio è rappresentata dall’immagine del marmo colorato, pietra caratterizzata da un motivo decorativo naturale, da un’immagine intrappolata in esso: questo accadeva perché, secondo le credenze medievali, la potenza creatrice di Dio e la sua presenza erano impresse nei colori dei marmi. Il marmo, quindi, era considerato una pietra sacra che conteneva in sé la santità della presenza divina e nel primo Rinascimento dipingere il marmo (cioè: dipingere un falso marmo) significava rappresentare il mistero della volontà divina e l’inevitabilità delle scelte della Provvidenza.

Per questo, qui, come in Santa Croce, la rappresentazione dell’Ultima Cena è parte di un più complesso messaggio teologico. Le suore erano invitate a riflettere ogni giorno, durante i loro pasti, sui misteri della Salvezza, il significato della sofferenza di Cristo sulla croce, il mistero della morte e della resurrezione.

L’affresco di Andrea del Castagno, grazie a una eccellente costruzione dello spazio prospettico, ai potenti colori e al chiaroscuro,  come a un’efficace comunicazione delle emozioni dei protagonisti espresse dai gesti, manda un forte messaggio sul senso profondo della Passione di Cristo.

Anche oggi possiamo ammirare le abilità di Andrea e la forza espressiva della sua arte sui muri di Sant’Apollonia.




L’Ultima Cena di Ghirlandaio in San Marco

Nel XV secolo gli affreschi che rappresentavano l’Ultima Cena divennero una vera moda nei refettori dei conventi fiorentini. Non a caso la bottega, specializzata negli affreschi, più richiesta sul mercato di Firenze si dedicò a questo tipo di soggetto. Sto parlando di Domenico Ghirlandaio e della sua bottega, ossia lo stesso gruppo di artisti che decorò anche la Cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella.

Attorno al 1480 Ghirlandaio decorò le pareti del refettorio della foresteria di San Marco con una scena che rappresentava l’Ultima Cena. Usando l’ampiezza dell’intera parete del refettorio, Ghirlandaio immaginò il cenacolo collocato in una stanza con il soffitto a volte, parzialmente aperta su un giardino. Anche qui, come in Sant’Apollonia, il pittore volle rappresentare le reazioni emotive degli apostoli alle parole di Gesù. Giovanni sviene, Pietro stringe la mano con rabbia. Vediamo sorpresa, paura, sospetto sui volti dei discepoli. Guida siede dall’altro lato della tavola, e dietro di lui c’è un gatto, simbolo della sua natura diabolica.

Domenico Ghirlandaio, Last Supper, San Marco, Florence.
Domenico Ghirlandaio, Ultima Cena, ca. 1480,, San Marco, Firenze.

Sopra le teste degli apostoli corre l’iscrizione tratta dal Vangelo di San Luca (Luca 22: 29-30) “e io preparo per voi un regno, come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno”. Questo passo dalla Bibbia sottolinea il rapporto tra l’Ultima Cena e l’istituzione del sacramento dell’eucaristia. Mentre le Ultime Cene di Santa Croce e di Sant’Apollonia sottolineano il mistero del sacrificio di Cristo, della necessità della sua passione, morte e risurrezione, in San Marco la stessa scena viene messa in rapporto con il mistero dell’eucaristia. Per questo motivo Ghirlandaio si impegnò particolarmente nel rappresentare con minuti dettagli il cibo servito sulla tavola. L’artista dipinse bellissime brocche di vetro contenenti del vino e dell’acqua. Inoltre, sulla tovaglia vediamo dei filoncini di pane e della frutta rossa, come le ciliegie. L’acqua, il vino e il pane si riferiscono all’eucaristia, essendo questi tre elementi presenti durante ogni messa. La frutta rossa ricorda il sangue di Cristo e la sua passione sulla croce.

Anche il giardino dipinto sullo sfondo contiene numerosi elementi simbolici. Il pavone seduto sulla finestra sopra le teste degli apostoli simboleggia l’immortalità e, esattamente come il marmo dipinto nell’affresco di Del Castagno, rappresenta Dio, la sua onnipresenza e la provvidenza. Così come gli uccelli rapaci che volano nei cieli sopra del giardino si riferiscono alla dimensione spirituale della nostra esistenza umana.

Ghirlandaio, esattamente come Taddeo Gaddi e Andrea del Castagno prima di lui, espose in pittura delle complesse idee teologiche, trovando dei mezzi pittorici efficaci in grado di rappresentare la profonda simbologia cristiana.

Prima di partire per Milano nel 1482 Leonardo da Vinci ebbe la possibilità di ammirare le composizioni dei suoi colleghi, di cui in città si parlava così tanto. Con queste immagini nella testa iniziò il servizio alla corte di Ludovico il Moro e qualche anno più tardi fu chiamato a dipingere la sua versione dell’Ultima Cena nel convento di Santa Maria delle Grazie. Immaginatevi che visitando e ammirando i cenacoli fiorentini possiamo seguire i passi di Leonardo, rintracciare il suo sguardo, ascoltare i suoi pensieri e le sue opinioni sulle opere dei colleghi artisti. Non è un’idea affascinante?

Volete visitare i cenacoli di Firenze? Contattatemi! Sarò felice di organizzare la vostra visita!