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Certosa del Galluzzo: Arte e spiritualità a Firenze
A sud della città, sul Monte Acuto, Firenze è protetta dalla struttura monumentale della Certosa del Galluzzo, il monastero Certosino fondato qui alla fine del Trecento: un luogo di silenzio, meditazione e spiritualità.
Mi piace visitare la Certosa di Firenze. Si tratta di un posto silenzioso e spesso propongo la visita alla Certosa di Firenze ai miei ospiti interessati alla scoperta degli angoli più nascosti della città. Durante la nostra visita possiamo respirare quest’atmosfera di altri tempi, l’aria pregna di silenzio, toccando con mano la vita quotidiana dei monaci che si sono presi cura di questo posto lungo i secoli.
Venite con me a scoprire la Certosa di Firenze passo dopo passo…
La Certosa di Firenze: Una breve storia
La Certosa venne costruita grazie alla generosa donazione fatta da un patrizio fiorentino, Niccolò Acciaioli, nel 1341. Questi era una figura di spicco della Firenze dell’epoca: fece una brillante carriera alla corte del Re di Napoli, Roberto d’Angiò, ricoprendo la carica di Grande Siniscalco, e portò il titolo di Viceré di Puglia.
Proprio per il forte legame con la dinastia francese degli Angioini, egli decise di promuovere la fondazione, nella sua città, di un monastero dell’ordine francese dei Certosini, uno degli ordini monastici più rigorosi della cristianità occidentale. La vita di un monaco certosino, infatti, ieri come oggi, è interamente dedicata alla preghiera, alla meditazione spirituale e allo studio, è condotta in solitudine e in completo isolamento, dal momento che i monaci passano la maggior parte della loro vita da soli, nella proprio cella.
La spiritualità dei monaci certosini, così lontana dai modi di vita del mondo moderno, può insegnarci come prendere una pausa dal nostro ritmo di vita frenetico.
San Bruno di Colonia
L’ordine certosino fu fondato alla fine dell’ XI secolo da San Bruno di Colonia. Questi, prete e cancelliere dell’arcidiocesi di Reims, dopo aver sperimentato quanto il clero fosse coinvolto negli affari del potere e della politica, volle promuovere una riforma spirituale della Chiesa: decise di abbandonare la carriera ecclesiastica e ogni preoccupazione e passione mondana e di dedicare la sua vita alla preghiera e alla meditazione.
Con l’aiuto del vescovo di Grenoble, Ugo di Grenoble, nel 1084 Bruno, seguito da sei frati, fondò il suo primo monastero nella zona remota delle Alpi del Delfinato, a sud dell’attuale Francia, precisamente a Chartreuse, non lontano da Grenoble. I fratelli costruirono qui un piccolo oratorio e alcune celle singole, dove condurre una vita in solitudine e povertà, passando i loro giorni pregando, studiando e meditando. Bruno continuò la sua missione fondando una Certosa in Calabria, oggi Serra San Bruno, dove morì e fu sepolto nel 1101.
Tra il 1121 e il 1128 il priore dell’ordine, Guigo I, scrisse le Consuetudines Cartusiae, una raccolta di regole che i monaci certosini dovevano seguire e che si basavano sulla regola monastica benedettina. Con il passare dei secoli la comunità dei Certosini continuò a crescere: nuovi monasteri vennero fondati in Italia, Francia e in altri paesi europei, e negli anni ’60 del XIV secolo i certosini vennero anche ad abitare la nuova Certosa costruita a Firenze.
Certosa di Firenze: Scopri la struttura di un monastero certosino
Tutti i monasteri certosini sparsi per il mondo seguono una organizzazione e una struttura simili, dettate dalle regole di vita dell’ordine, che ripetono l’esempio del primo monastero di Chartreuse. Da fuori questi monasteri sembrano delle piccole fortezze, dal momento che sono circondati da un muro che li divide dal mondo esterno.
I monaci vivono nelle loro celle, che sembrano dei piccoli appartamenti, con una semplice camera da letto, uno studio e un piccolo giardino privato. Tutte le celle si trovano attorno a un ampio chiostro, al centro del quale c’è un cimitero, dove i monaci vengono sepolti dopo la loro morte.
La parte centrale di ogni monastero prevede anche una chiesa, dove i monaci si riuniscono per celebrare le messe in comunità. Una volta a settimana essi si incontrano anche per discutere di teologia in una piccola sala, il Colloquio, mentre le regole dell’ordine e le decisioni riguardanti la comunità sono discusse nella sala chiamata Capitolo. I monaci certosini mangiano anche i loro pasti in solitudine, nelle loro celle, ma si incontrano per una cena assieme la Domenica: è per questo che il monastero accoglie anche un refettorio.
Ogni comunità di certosini è sostenuto da un gruppo di fratelli conversi, che assistono i monaci nella loro vita quotidiana: cucinano per loro, puliscono e fanno il bucato, li riforniscono di cibo e sbrigano le faccende quotidiane. I fratelli conversi vivono nel monastero, ma strettamente separati dai frati certosini; assistono anche alle messe conventuali, ma evitano ogni contatto diretto con i monaci. Il monastero possiede anche una vasta biblioteca, che fornisce ai frati i libri di studio.
Il Palazzo Acciaioli
La Certosa del Galluzzo di Firenze segue in tutto il modello delle certose, tranne in un punto. Subito dopo l’entrata del monastero il visitatore nota un palazzo monumentale, con una bella scala che porta all’ingresso.
Questo è il Palazzo Acciaioli, dove il fondatore del monastero, Niccolò Acciaioli, volle passare gli ultimi anni della sua vita, lontano dal mondo, dai suoi intrighi e dalla politica. In più, Niccolò volle dotare la Certosa di un altro edificio, che doveva essere un ospitium con una scuola per cinquanta studenti e tre maestri. Sfortunatamente, per la scarsità di fondi e per la morte di Niccolò, nel 1365, questo ambizioso progetto non si poté concludere: alla morte del loro benefattore, i monaci preferirono non includere delle attività mondane nel loro monastero, e il vasto edificio ormai costruito venne usato per scopi interni al monastero stesso.
La chiesa
La chiesa monastica della Certosa riflette i caratteri della comunità dei Certosini. Essa venne costruita e decorata in varie fasi, tra il ‘300 e l’800, ed è divisa in due aree: una, vicina all’altare, riservata ai monaci, e l’altra, per i fratelli conversi, all’ingresso. Le due parti della chiesa sono visivamente separate e in questo modo i due gruppi non possono entrare in contatto diretto. Come detto, la regola è ferrea: i monaci devono vivere in solitudine e isolamento e evitare ogni contatto anche con i membri della comunità.
Dietro all’altare maggiore si può ammirare un bell’affresco che rappresenta le Esequie di San Bruno, dipinto tra il 1591 e il 1593 da Bernardino Poccetti.
Il pittore immaginò l’interno di una chiesa con il sarcofago del santo nel mezzo; Bruno è circondato dai fratelli che si raccolgono per adorarlo; Cristo discende dal Paradiso per accogliere l’anima di San Bruno, portata in cielo dagli angeli. Questo è un tipico esempio di arte della Controriforma: il miracolo, le nuvole, i cieli concorrono a incantare l’osservatore, a coinvolgerlo nei misteri sacri.
Nell’area del coro c’è anche un bellissimo coro ligneo scolpito da una bottega fiorentina tra il 1570 e il 1590. Ogni bracciolo è decorato con un piccolo cherubino, scolpito con dettagli sorprendenti. La decorazione della chiesa è sobria ma elegante.
Il capitolo
Dalla chiesa si può entrare nello spazio stretto della sala del Colloquio, dove una volta al mese i monaci si riunivano a discutere di teologia e temi morali. La sala conduce poi a un piccolo chiostro dove si trovano il refettorio e il capitolo.
Il capitolo è una stanza rettangolare dove il priore dell’ordine era solito incontrare i fratelli per discutere di problemi e affari riguardanti la comunità.
Il capitolo al Galluzzo divenne il luogo di sepoltura per uno dei priori del monastero, Leonardo Buonafè, che venne sepolto di fronte all’altare; il suo monumento funebre venne scolpito nel 1550 da Francesco di Giuliano da Sangallo, un membro di una famosa famiglia fiorentina di scultori e architetti.
Buonafè, che fu anche nominato Vescovo di Vieste e di Cortona, ritornò al suo amato monastero al Galluzzo alla fine della sua vita. La sua tomba è umile e modesta e riflette gli ideali di povertà e semplicità. Il monaco, nella sua mitra da vescovo, giace a terra. Il suo volto è scolpito con estremo realismo, per nulla idealizzato: possiamo vedere le sue vecchie e consunte mani, le rughe sulla fronte, le guance che cadono e la bocca senza denti. Leonardo resta per l’eternità in adorazione della Crocifissione dipinta sulla tavola di Mariotto Albertinelli sull’altare maggiore.
Le celle dei monaci
Il piccolo chiostro è direttamente collegato al chiostro principale del monastero, dove si trovano le celle dei monaci e il cimitero.
Come detto, i fratelli certosini erano soliti passare la maggior parte della loro vita nelle loro celle, simili a piccole case. Ogni cella, di circa 50 metri quadri, è divisa in una camera da letto, uno studio, un piccolo corridoio e una scala che conduce ad un giardino privato, dove ogni monaco poteva fare, proprio come San Giuseppe, piccoli lavori di falegnameria.
Anche il momento del pasto doveva essere caratterizzato dal completo isolamento, con l’eccezione delle domeniche e delle festività: per questo il cibo, nei momenti non festivi, veniva servito direttamente nelle celle dai fratelli conversi. Ma, per evitare ancora qualsiasi forma di contatto tra monaci e fratelli conversi, ogni cella aveva una piccola finestrella sul muro, nella quale veniva lasciato il pasto.
Al centro del chiostro ci sono due piccoli cimiteri, dove i monaci e i fratelli conversi venivano sepolti, naturalmente in due aree separate, proprio come la loro vita era stata condotta all’insegna della divisione tra i due gruppi.
Anche il chiostro è molto semplice e sobrio; solo tra le arcate è possibile individuare delle decorazioni costituite da piccole terracotte circolari con dei busti che rappresentano santi e profeti. Queste opere sono state realizzato dalla celebre bottega di Giovanni della Robbia circa nel 1523.
Pontormo alla Certosa di Firenze
Nel 1523 Firenze venne colpita da una violenta epidemia di peste bubbonica. La diffusione di questa malattia spinse molte persone verso la campagna, in cerca di aria pura e di un ambiente più salubre. Tra questi fuggitivi si trovava anche il famoso pittore fiorentino Jacopo da Pontormo, che, assieme al suo allievo Bronzino, si rifugiò proprio nella Certosa. In segno di riconoscenza per l’ospitalità ricevuta dai monaci Pontormo decorò il chiostro principale del monastero con delle lunette che rappresentano la Passione di Cristo. Questi dipinti sono oggi conservati nella pinacoteca all’interno del Palazzo Acciaioli.
A causa della lunga esposizione alla pioggia e all’aria, gli affreschi sono arrivati, a noi oggi, in cattive condizioni, ma sulle mura della galleria possiamo ammirare delle copie di queste opere, che ci danno un’idea del loro assetto originario.
Le scene sono davvero sorprendenti e mostrano una forte influenza dello stile del Nord Europa sull’arte di Pontormo degli anni ’20 del ‘500: le composizioni sono affollate, e sembrano disorganizzate, prive di ordine; la prospettiva e le proporzioni non sono sempre rispettate; nella composizione l’artista si concentra sulla rappresentazione del dolore e della sofferenza, seguendo lo stile di Albrecht Dürer e dei maestri nordici.
Il ciclo di Pontormo riflette anche la sua particolare sensibilità verso la novità rappresentata dalla Riforma di Lutero, l’influenza esercitata su di lui dal pensiero di Erasmo da Rotterdam: la sua arte divenne così più sobria e anticlassica nell’approccio all’arte religiosa. Gli affreschi di Pontormo esprimono, infatti, tensione, emozione, paura e angoscia, che caratterizzano questo periodo di crisi della storia europea.
Pio VI alla Certosa di Firenze
La posizione isolata della Certosa e la vita solitaria dei monaci resero questo posto un luogo perfetto per una residenza forzata per i dignitari della Chiesa. Qui, tra il 1° giugno 1798 e il 23 marzo 1799, visse papa Pio VI, che venne tenuto prigioniero da Napoleone. Il papa visse nella foresteria del monastero, collocata vicino alla chiesa.
L’ordine dei Certosini abitò nel monastero fino al 1958, quando la Certosa passò nelle mani dei Cistercensi. Oggi questo incredibile patrimonio di spiritualità e arte è custodito dalla Comunità di San Leonino.
Una visita alla Certosa di Firenze è un viaggio magico, che ci permette di isolarci dal ritmo frenetico della vita, di riflettere e riconnetterci con noi stessi, lontano dal caos della città.
Volete visitare la Certosa del Galluzzo? Contattatemi! Sarò felice di organizzare la vostra visita privata del monastero di Firenze.