- agata@guidemeflorence.com
- +39 348 135 1329
- Lunedì – Sabato 9:00 – 21:00
4 novembre 1966

L’autunno, in Toscana, è una delle mie stagioni preferite: è ancora abbastanza caldo per potersi godere passeggiate e gite in campagna, ammirare i paesaggi, alberi e vigne colorati di rosso, giallo e arancio. Allo stesso tempo, Novembre tende ad essere particolarmente piovoso: il tempo è instabile, rispetto al resto dell’anno, e, quando piove, piove in modo molto intenso. Tuttavia, non dobbiamo lamentarci, visto che, in alcuni anni, dopo i lunghi mesi estivi, aspettiamo la pioggia con gioia e speranza: dopo aver visto ruscelli e fiumi completamente asciutti, a Novembre accolgo le prime piogge con gioia. Allo stesso tempo, in questo periodo, con l’arrivo della pioggia, penso sempre al terribile Novembre del 1966, l’anno dell’alluvione di Firenze, quando l’Arno sommerse la città e parte della Toscana.
Novembre 1966
Il 4 Novembre 1966 rimane uno dei giorni più drammatici della storia recente della città: il giorno della grande alluvione di Firenze. Quell’anno, piogge intense si protrassero per giorni a partire dalla fine di ottobre; il sole uscì fuori il 2 Novembre ma il giorno successivo riprese di nuovo a piovere molto intensamente. Alle 15 un’altra tempesta colpì Firenze e, alle 18 il livello del fiume raggiunse il livello di 8,69 metri.
Benché la situazione fosse già allarmante, la popolazione di Firenze non venne avvertita di un possibile straripamento dell’Arno, e niente fu fatto per proteggere le zone più vulnerabili della città, o i monumenti più importanti, come l’area di Santa Croce. Questo quartiere, che si trova proprio al livello del fiume, nei secoli è stato colpito più e più volte dalle piene dell’Arno. Data la vicinanza della Biblioteca Nazionale e del convento di Santa Croce, oggi sembra impossibile che nulla si fece per prevenire la distruzione o, almeno, il danneggiamento di preziose opere d’arte, manoscritti, libri rari, fondi librari unici, documenti conservati nelle sale, negli spazi e nei magazzini delle istituzioni appena ricordate.
Il fiume iniziò a straripare attorno all’una di notte e il primo corso d’acqua che iniziò a uscire dagli argini fu il Mugnone, un affluente dell’Arno. L’Arno uscì dagli argini alle 4 di notte e in poche ore finirono sott’acqua la Biblioteca Nazionale e il complesso di Santa Croce. Nella notte la città venne ricoperta da acqua, terra e fango. Trentacinque persone persero la vita, di cui diciassette proprio a Firenze; molte delle vittime abitavano proprio nel quartiere di Santa Croce: in molti casi furono le persone inferme o disabili, che non potevano spostarsi, a non avere la possibilità di fuggire dall’impeto dell’alluvione di Firenze.
La mattina del 4 Novembre la città era sotto shock
Il venerdì 4 Novembre, che allora era un giorno festivo in Italia (è la festa che celebra la fine della prima guerra mondiale), fortunatamente molte persone erano via dalla città: ciò contribuì, forse, a contenere il numero delle vittime. Ma proprio perché questo era un giorno festivo, le autorità reagirono con una certa lentezza e in ritardo. Di mattina l’acqua continuò a invadere il centro storico di Firenze: alle 10 l’acqua raggiunse il Battistero e il Duomo; Firenze viene tagliata in due, senza possibilità di comunicazione tra i diversi quartieri. Venne meno l’acqua potabile, così come il gas e l’elettricità. Alla sera l’acqua iniziò a scendere di livello lasciando dietro di sé distruzione e devastazione. Ciò che i testimoni ricordano è l’odore di gasolio che si sentiva ovunque: l’acqua era entrata dentro a molte case, distruggendo centinaia di caldaie, portando con sé gasolio e nafta.

Firenze colpita dall’alluvione chiede aiuto!
Il giorno successivo la città si svegliò ricoperta di uno strato di fango spesso e maleodorante, mescolato a gasolio e ad ogni altro tipo di sporcizia, e fu dunque chiaro che, per pulire tutto tornare a una sorta di normalità, Firenze aveva bisogno di aiuto. E fu allora che i cosiddetti “angeli del fango” iniziarono a giungere a Firenze da ogni dove, dall’Italia e dal mondo: erano soprattutto giovani, studenti delle scuole superiori e universitari, che arrivarono per aiutare a rimuovere il fango da chiese, negozi, appartamenti e musei.
Si rese necessario svuotare i magazzini della Biblioteca Nazionale, pieni di manoscritti e documenti ricoperti completamente dal fango. Nella Basilica di Santa Croce, sotto strati fango e sporcizia, venne riportato alla luce il Crocifisso di Cimabue, uno dei più importanti dipinti del ‘200, del tutto rovinato dall’acqua. Il Crocifisso divenne, così, simbolo dell’alluvione di Firenze del 1966. Il suo restauro venne portato a termine nel 2014: nonostante il prezioso lavoro, una parte della superficie pittorica non poté essere ripristinata, e il dipinto resta ancora fortemente segnato da questo terribile evento.
Gli “Angeli del fango”
Oggi la memoria degli “Angeli del fango” resta viva in città: questi giovani coraggiosi passarono giorni a Firenze, dormendo anche all’interno delle carrozze dei treni in sosta alla Stazione di Santa Maria Novella o in altri luoghi di fortuna. Per settimane aiutarono a rimuovere il fango, a salvare dipinti, libri, manoscritti, sculture e a riportare la città alla normalità. In un qualche modo la presenza di questi giovani volontari resero chiaro a tutti che Firenze e la sua Storia appartenevano a tutti e l’importanza del suo patrimonio artistico e culturale era riconosciuto e toccava ogni angolo della Terra.
Gli appelli a portare aiuto Firenze giunsero da ogni dove, anche da attori e artisti di fama internazionale: Franco Zeffirelli, un famoso regista fiorentino, in quei giorni stava lavorando, con Richard Burton e Elisabeth Taylor, al film La bisbetica domata. Profondamente toccato dal disastro avvenuto nella sua città, Zeffirelli produsse un documentario intitolato Per Firenze. Il film mostra le immagini di Firenze durante e dopo l’alluvione, con il commento di Richard Burton che faceva appello al pubblico internazionale perché giungesse un aiuto concreto alla città.
Durante i mesi successivi l’aiuto dall’estero raggiunse Firenze. La Germania, per esempio, mandò a Firenze molte macchine industriali utili per asciugare le pareti degli edifici colpiti. Ci vollero parecchi mesi perché Firenze potesse tornare alla normalità; e ci volle molto più tempo perché dipinti, libri, manoscritti e opere varie potessero ritornare nella loro sede o collezione originaria. Ancora oggi molti libri, documenti e opere d’arte sono in attesa di restauro.
Conseguenze dell’alluvione di Firenze
L’alluvione di Firenze portò molte conseguenze a lungo termine. Prima di tutto, si aprì una discussione sul fatto che il sistema nazionale di Protezione Civile era del tutto insufficiente e inadeguato, e così si pensò a creare un sistema moderno e efficiente di allerta e intervento in caso di disastri naturali. Nel 1970 si istituì l’Unità di Protezione Civile pronta a intervenire in caso di alluvioni, terremoti, frane o incendi. Nel 1986 il governo creò anche un nuovo Ministero – quello dell’Ambiente – per proteggere il territorio italiano, l’ecosistema e il patrimonio naturale del Paese.
Se volete vedere alcune immagini di quei terribili giorni, date un’occhiata al video preparato dall’American Institute for Conservation of Historic and Artistic Works.
Stai pianificando una vacanza a Firenze e in Toscana? Contattami! Sarò felice di organizzare le vostre visite museali e tour guidati!